OGGETTI IMPORTANTI (seconda parte)
OGGETTI IMPORTANTI (seconda parte)
Un oggetto importante per me è una matita. La matita mi piace tanto perché posso usarla per tante cose. Posso scrivere note, posso disegnare e se non mi piace lo cancello, se mi piace non lo perdo perché è già nella pagina. Tutte le cose che mi vengono in mente e che per me sono importanti, interessanti o solamente belle le realizzo con la matita. Questa matita la porto sempre con me: al lavoro, a casa e anche in vacanza. Nei paesi stranieri esistono tante cose belle che vorrei disegnare. Ho portato la matita in tanti paesi e anche nel mio paese ho trovato posti belli come un fiorellino, il mare, ma anche le nubi o il sole. Piccole storie o anche un pezzo di poesia che non voglio dimenticare. Una matita non vale tanto ma per me le cose che posso fare con quella matita hanno un gran valore.
Tanja, Germania
Un oggetto per me molto importante è il mio pianoforte. Mi ha accompagnato da quando avevo dieci anni. A quell’età desideravo un pianoforte, perché tutte le mie amiche ne avevano uno. Allora mio nonno mi ha comprato un pianoforte e mi ha finanziato le lezioni. Andavo a lezione una volta a settimana. Mi divertivo suonando un’ora al giorno. Dopo la maturità non ho più preso lezioni. Quando sono andata via dalla casa dei miei genitori all’età di ventitré anni, ho lasciato lì il mio pianoforte. Da allora ho cambiato casa almeno cinque volte e non sono mai riuscita a portare il mio pianoforte con me. Mi manca spesso poterlo suonare, ma ho poco spazio in casa e il trasporto sarebbe complicato. Aspetterò le prossime vacanze per suonarlo a casa dei miei genitori.
Inga, Germania
Ho un oggetto al quale sono particolarmente legato: è una forchetta da cucina. Non è una cosa preziosa, comoda o bella. È una forchetta in acciaio inox normalissima, come tante altre ma la riconoscerei subito tra centinaia di simili. Non è di nessun servizio posate che abbiamo a casa. Da dove sia venuta non mi ricordo, ma mi accompagna sempre. Quando devo prendere una forchetta dal portaposate, anche con gli occhi chiusi, ho nella mano la “mia”. L’ho persa e l’ho ritrovata tante volte e durante i miei viaggi me la porto dietro. Potete non credermi ma è una magia. Mi piacerebbe sapere da dove comincia questa storia, cioè chi mi ha regalato questo oggetto, o dove l’ho trovato io. Ma ormai il passato è abbastanza remoto (più di dieci anni) e tornare, persino mentalmente indietro, è impossibile. Vedremo nel futuro se capirò il senso di questo segno. (?)
Vlodymyr, Ucraina
Le scarpe e la tuta da calcio mi hanno salvato la vita e sono state il mio “lasciapassare”. Le ho portate con me nel mio viaggio in Sierra Leone, in Mali, in Senegal, quando passavo le frontiere e mi controllavano il bagaglio e vedevano la divisa del calcio pensavano che fossi un calciatore famoso e mi lasciavano passare. Con me porto sempre anche una collanina con i Santi, che mi fanno sentire vicino a Dio, a mio padre, al mio fratello gemello e a mia nonna.
Cornelius, Nigeria
In Turchia, specialmente in Cappadocia, si usa una brocca di argilla, fatta a mano, per mantenere fresca l’acqua. In Tunisia si usa un distillatore per ricavare dai fiori un’acqua profumata che poi si mette nei dolci. Si usano fiori d’arancio, delle rose, del gelsomino. In Albania, nelle zone di montagna, al posto del forno per cuocere il pane, usiamo una specie di coperchio di metallo. Prima prepariamo una base fatta di cenere e di braci, sopra appoggiamo l’impasto del pane e copriamo tuttoquesto con coperchi metallici molto caldo che fa cuocere e lievitare il pane. In Estonia, ma anche in Ucraina, soprattutto una volta, in ogni casa c’era una piccola sauna per la famiglia. Questa stanzetta viene riscaldata ad alte temperature, si mettono delle pietre incandescenti su cui si getta acqua fredda, per produrre vapore e poi la persona si batte il corpo con rami di betulla e di abete, per favorire la circolazione del sangue. Quando non si resiste più dal caldo, si esce dalla sauna e ci si rinfresca con la neve gelata.
Considerazioni collettive degli studenti del centro Eda
Uno dei ricordi più cari che ho del mio Paese è un recipiente che si chiama “gebenà” e serve per fare il caffé. In Eritrea la cerimonia del caffé è un bellissimo modo per incontrare la famiglia e le amiche. Si prepara la stanza mettendo erba e fiori sul pavimento e bruciando incenso profumato. Vicino al fornelletto a carbone si preparano le tazzine e tutto l’occorrente. Il caffé si tosta e si sparge l’aroma verso tutti gli invitati, poi si macina nel mortaio e infine si mette nella “gebenà” con l’acqua e si fa bollire. Poi si versa filtrandolo con un ciuffo di crini e si serve ben zuccherato. Bisogna bere almeno tre tazzine, la terza si chiama “la benedizione”. Quando muore qualcuno si beve insieme il caffé per affrontare il dolore, ma di solito è una riunione di famiglia, la domenica pomeriggio, in cui fratelli e sorelle si trovano per stare insieme. Mia figlia ha la sua piccola “gebenà” e gioca a fare il caffé per le sue bambole.
Viola, Eritrea
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