La testimonianza di Farizad
La testimonianza di Farizad
Insegnare la lingua francese è
stato un mio sogno concretizzato dopo la laurea. Ho insegnato la lingua
francese in Algeria, il mio paese d’origine, per più di sette anni e in diversi
posti del paese. Per me l’insegnamento è, senza dubbio, un mestiere che ti dà
soddisfazione. Con tanto impegno si possono raggiungere i propri obiettivi.
Durante questi anni di lavoro, ho accumulato esperienza, non solo professionale
ma anche umana. Ho avuto la fortuna di conoscere ragazze e ragazzi
meravigliosi. Ho lavorato nelle regioni più disagiate del paese con popolazioni
emarginate dai governi.
Molti di loro abitano nella bidonville , dove le condizioni minime
di vita non esistono. Molti di loro sono orfani o con il padre in carcere. Il
loro ambiente è malsano e pericoloso, immerso nella delinquenza e la
prostituzione. Tra le sfide del quotidiano c’è quella dell’acqua.
In Algeria l’acqua potabile nei rubinetti è molto rara. Mi ricordo che durante
i giorni caldi compravo bottiglie d’acqua per i miei alunni perché nella scuola
non c’era acqua né per bere, né per lavarsi. Con gli anni insegnare nel mio
paese è diventato molto complicato. L’insegnante non può decidere niente, ma si
trova nell'obbligo di applicare alla lettera i programmi ufficiali del
ministero dell’educazione. I metodi di insegnamento e i contenuti sono già
definiti, anche se sono inadeguati per i bisogni degli alunni e per la realtà
del campo.
Molti dei miei alunni hanno
tentato il “salto mortale” ma ben pochi sono arrivati ad un porto sicuro.
Alcuni sono in Europa, ma tanti sono morti nel tentativo, tutti spinti dalla
voglia di lasciare il loro paese, alla ricerca dell’Eldorado, la terra
promessa dove possono trovare dignità e pietà.
Molte volte ho provato a
dissuadere ragazzi che erano stati bocciati, senza prospettive di un futuro
migliore, di non buttarsi in una barca di fortuna e arrischiarsi verso
l’ignoto, ma i miei argomenti erano privi di senso. Ho anche mostrato foto di
corpi inerti, distesi sulle coste algerine o in mezzo al mare. Ho anche parlato
dei campi di accoglienza per rifugiati e del rischio di rimpatrio, ma non era
sufficiente!
Sbatto sempre contro un muro
chiamato realtà. La loro realtà, le loro condizioni di vita, in un paese
immerso nella corruzione e nella mediocrità dei governi.
Una volta in Italia, ho voluto
essere la portavoce dei miei alunni, gli
devo almeno questo.
L'istituto Don Milani, mi ha dato
l'occasione di farlo, con il prezioso aiuto dei docenti sono riuscita a
condividere la mia esperienza come insegnante in un paese non democratico,
attraverso un breve racconto, per far pervenire le difficoltà quotidiane di un
alunno algerino.
Grazie
dal cuore.


Brava, e una testimonianza per la storia, la cosa piu brutta nella vita e di fuggire da casa tua per raggiungere un rifugio senza conoscere il minimo dettaglio.
RispondiEliminaPer che prendono tutto questo rischio??!! Cosa c'è dell'altra parte del mediterraneo
E vero che questi persone lasciano tutto, le loro famiglie, amici, lavoro, progetti, c'è proprio tutto solo per raggiungere il rifugio in ogni costo e assurdo!! Deve essere un motivo più forte e grande della nostra immaginazione.
Dyna.B